Il parco archeologico di Acerenthia, ovvero Akerentia o Acheronthia, l'attuale Cerenzia vecchia
Omettendo i cenni storici, che potrete abbondantemente trovare nel web, vi dico subito le straordinarie analogie che ho riscontrato con luoghi oggetto dei miei reportages: i ruderi somigliano molto a quelli di Cirella vecchia; il paesaggio in cui sono immersi ricorda molto, invece, quello del sito archeologico di Castiglione di Paludi.
Per accedere ai ruderi bisogna affrontare una lunga scalinata oppure, se si dispone di un fuoristrada, percorrere una stradella in pietra che affianca la gradinata stessa. Salire a piedi è, naturalmente, più faticoso ma consente di godere (e fotografare, a chi piace) in tutta calma il paesaggio sottostante che, nonostante alcuni inequivocabili segni della presenza umana, conserva ancora una certa primordialità. Di contro, poter accedere in auto dona la possibilità ad anziani, disabili e… pigri di godere del fascino di queste rovine i cui resti più interessanti sono senz'altro quelli della basilica di S.Teodoro e dell'immancabile castello.
Una volta entrato nel parco ho avuto la netta sensazione di trovarmi in un paese fantasma più che in un sito archeologico, nonostante abbia scelto un paio di giornate soleggiate (come mia consuetudine) per scattare le foto. Ad acuire questa mia sensazione, probabilmente, sono state le ombre dal profilo un po' spettrale, i rami degli alberi ancora spogli ed il gracchiare dei corvi. Se avessi effettuato le riprese in primavera avanzata probabilmente non avrei goduto di questa suggestione e, forse, non avrei nemmeno potuto provare a trasmettervela come con le foto presenti in questa galleria.
Agli amanti della fotografia che intendono recarsi in questo luogo con l'attrezzatura al completo consiglio , se vogliono o devono affrontare la salita a piedi, di munirsi di uno zaino fotografico che faciliterà non poco il trasporto. Suggerisco, inoltre, di portare obiettivi che possano coprire i 24 mm effettivi o giù di lì.
Grazie per l'attenzione e buona visione.
© foto: Nunzio Bilotta